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Tristissimo anniversario. 6 agosto 1945- 6 agosto 2012, 67 anni fa Hiroshima fu rasa al suolo dalla bomba atomica

hiroshima

7 agosto 1945-7agosto 2012: 67 anni passati come un nulla, eppure quel ancora troppo vicino giorno d'agosto di fine della seconda guerra mondiale è ancora troppo vicino per commemorarlo solo con qualche riga di giornale (per dovere di cronaca!) e rimetterlo nel dimenticatoio come se nulla fosse accaduto. Le piaghe sono ancora sanguinanti, le vittime continuano la loro terribile catena iniziative con "irradiazioni mortali" fino ad allora impensabile, ma da allora in poi sono continuamente parte integrante dell'umanità sofferente.
Anche ieri in Giappone hanno gridato "Basta alle centrali atomiche" facendo eco ai tristi rintocchi della campana commemorativa di Hiroschima; ma giornali e televisioni sono impegnati nelle olimpiadi, nelle avventure su marte, nei bot e nelle diatribe dei politici incapaci di riuscire a mettere mani nelle crisi e nelle guerre mondiali.
Per giudicarie.com a ricordo di quel periodo di guerra e di morte mi permetto riproporre due miei vecchi articoli sui miei ricordi personali fra quella popolazione, che se ha avuto una classe militare purtroppo carica di crudeltà ed errori, ha pure nel contempo sofferto con milioni di vittime civili sotto i bombardamenti, prima aerei (terrificanti) e poi atomici, in una maniera ancora sconosciuta in Occidente.


Gli infausti giorni d'agosto del 1945

Sono già trascorsi 65 anni da quegli infausti giorni d'agosto rimasti nella storia come i più tremendi, i più indimenticabili, i più destabilizzanti dell'intera Umanità; una data fatale che ha diviso la storia nettamente in due parti: prima dell'atomica (ante 1945) e dopo l'atomica (post 1945). E pare che gli Uomini non siano ancora stati capaci di rendersi conto della gravità della situazione e delle possibili apocalittiche conseguenze per la vita stessa dell'Universo. Oggi – agosto 2010 – la maggior parte dei massmedia (carta stampata e radiotelevisioni), in tutt'altre faccende affaccendati, sembra che si siano limitati a pubblicare ed a descrivere soltanto alcune brevi note (con qualche fotografia di cronaca) evidenziando quasi unicamente la presenza, per la prima volta (dopo 65 anni!), dell'inviato degli Stati Uniti quale rappresentante ufficiale alla cerimonia commemorativa del 6 agosto a Hiroshima! Troppe poche e limitate cose – a mio avviso – in confronto al gran chiasso che si è soliti fare per altri avvenimenti e in altre occasioni, poiché si ha l'impressione che ci si sia dimenticando che quelle date (6 agosto a Hiroshima e 9 agosto a Nagasaki) hanno costituito i veri giorni dell'Apocalisse, in cui l'uomo ha osato infrangere le ferree leggi della creazione, mettendo sotto i piedi dell'Umanità una vera e propria mina vagante, capace di distruggere il mondo. Ed infatti ancor oggi chi possiede gli arsenali di bombe atomiche non fa nulla per poterli o volerli smantellare, anche se fanno sforzi enormi (interessati?) affinché altri non ne vengano in possesso.
In quell'agosto del 1945 mi trovavo in Giappone, da pochi mesi rinchiuso in un campo di concentramento per stranieri (civili e religiosi), nell'isola meridionale di Kyushu, nella provincia di Kumamoto, nella stazione termale di Tochi-no-ki in fondo ad una vallata vulcanica alle falde del monte Aso (il vulcano più grande del mondo, alto 1500 metri, dall'enorme cratere dal diametro di 20 chilometri, e dalla circonferenza di 128 chilometri), ad un'ottantina di chilometri, in linea d'aria, da Nagasaki. Niente radio, niente giornali, niente posta, niente comunicazioni col mondo esterno; soltanto rare e mascherate notizie dei bombardamenti ormai quotidiani (di giorno e di notte) su tutte le città del Giappone. Ricordo che in un solo bombardamento aereo notturno a Tokyo del 10 marzo (rimasto famoso come il "sangatsu-toka") si erano avuti più di trecentomila morti.
Le notizie dei bombardamenti di Hiroshima (6 agosto) e di Nagasaki (9 agosto) giunsero a nostra conoscenza con parecchi giorni di ritardo; per giorni e giorni, per non dire settimane, gli stessi Giapponesi non furono a conoscenza di quanto era avvenuto: si diceva soltanto che in un istante erano rimaste uccise migliaia di persone, ossia meno di quante ne rimanevano vittime durante un "normale" bombardamento aereo dei famigerati B29 o B24. Con la differenza che, mentre durante i bombardamenti aerei le vittime (per la maggior parte civili: donne, vecchi e bambini) rimanevano o uccise, o ferite o mutilate poiché rimanevano colpite da bombe dirompenti seguite da quelle incendiarie, nel caso delle due atomiche non vi era stato alcun bombardamento, ma solo una gran fiammata incendiaria piombata giù silenziosamente dal cielo compiendo in un solo istante uno scempio imprevedibile e disastroso non ancora finito.
In una annotazione storica del 15 agosto 1945, trovo scritto: «Sulle due bombe atomiche, sganciate su Hiroshima e Nagasaki, la popolazione non aveva ancora chiara conoscenza. Le notizie date dai giornali dicevano: "Nuovo tipo di bomba. Danni non ingenti!"». Noi, ancora per qualche tempo in campo di concentramento, avemmo le prime notizie generiche sull'atomica di Nagasaki da alcune persone che avevano vissuto in prima persona quell'orribile esperienza e che poterono raggiungerci a Tochi-no-ki nei primissimi giorni dopo la resa del Giappone (il 15 agosto l'ordine di arrendersi dell'Imperatore); però anche loro non sapevano nulla di certo; poterono raccontarci soltanto la loro diretta esperienza e quel poco che la stampa (tutta censurata ed in mano del governo militare) stava centellinando riportando, a modo loro, le notizie che giungevano dall'estero e qualche testimonianza che stavano raccogliendo fra i superstiti. Alcuni giovani, usciti vivi dalla seconda atomica di Nagasaki, e rimasti salvi non sapendo neppure loro come anche se direttamente colpiti dalla fiammata, ci raccontarono che avevano visto un raggio intensissimo di luce caldissima che aveva incendiato immediatamente ogni cosa che aveva incontrato, mentre qualche attimo dopo era giunto un fortissimo spostamento d'aria che aveva sconquassato case ed ogni altra cosa che già era in fiamme. Qualcuno dei sopravissuti dalle fiamme aveva avuto il tempo e l'accortezza di gettarsi in tempo dalle finestre quando tutto intorno non era che una massa di fuoco. E questo senza alcun preavviso, senza rumore, nel silenzio di una normale giornata lavorativa: soltanto il sordo rumore lontano di un aereo ricognitore ad alta quota, che ormai solcavano il cielo del Giappone giorno e notte. Poi... nell'immane rogo i morti sul colpo, i sopravissuti che cercavano di salvarsi dalle fiamme senza rendersi conto perché erano ancora vivi, e i numerosi corpi straziati nelle case e per le vie, dalle profonde bruciature e ferite senza sapere che cos'era accaduto e senza neppure sapere a quali medicamenti ricorrere. Ed ancora tutti ignari di quanto era accaduto, e senza poter affidarsi ai mezzi di salvataggio ormai fino ad allora usati normalmente contro i continui bombardamenti aerei.
Che cosa avesse causato quell'immenso caos di morte – ovvero perché e come erano state fatte scoppiare le prime due bombe atomiche della storia – lo si venne a sapere molto dopo (in seguito alla resa incondizionata del 2 settembre), ed il tutto centellinato all'inverosimile. Infatti sia in Giappone, come nel resto del mondo, si venne a conoscere che cosa fosse davvero la bomba atomica solamente con l'andare del tempo; ed ancor oggi tante e troppe cose sono rimaste sconosciute e nascoste o nei segreti di stato o nelle ipotesi degli scienziati. Le stesse testimonianze dei sopravvissuti di Hiroshima e di Nagasaki non poterono che limitarsi a raccontare solo la loro personale e singola tremenda esperienza, completamente differente l'una dall'altra..
La cosa più dolorosa che colpì gli stessi Giapponesi fu il fatto che, mentre i sopravvissuti dai bombardamenti a tappeto sopravvivevano o sani e salvi o con ferite curabili e mutilazioni di puro carattere chirurgico, per i sopravvissuti dei due bombardamenti atomici cominciò un calvario che portò (e sta portando ancora) o a sofferenze indicibili e incurabili o a lunghe e dolorose odissee ospedaliere, oppure a morti improvvise senza saperne o prevederne le cause accertate. Le stesse persone che sembravano sane sono vissute (e vivono) con la paura di conseguenze sconosciute sulla loro salute; è una lunga vera e propria "via Crucis" che non è ancora finita, né per i malati né per i sani. Ancor oggi negli ospedali e in molte case si vive l'incubo dell'incertezza per il domani, e negli stessi neonati non si sa ancora quali conseguenze si avranno per la loro esistenza e per la loro sopravvivenza. Lo stesso dicasi per l'ambiente naturale e per le produzioni agricole, come tremendamente insegna ancora anche la disastrosa e non finita disavventura di Chernobyl (26 aprile 1986).
Certamente gli Occidentali hanno i loro motivi per non dimenticare Pearl Harbor e neppure gli orrori e le barbarie di una guerra nel Pacifico perpetrata con ferocia da una potenza politico-militare tronfia della sua imbattibilità e della sua prepotenza di voler dominare tutto il mondo; ma non si possono ugualmente dimenticare i Giapponesi, soprattutto i civili, che hanno subìto, senza poterli distruggere mai dai loro ancora vivi ricordi, i lugubri ed insistenti bombardamenti aerei e soprattutto le due atomiche di Hiroshima e di Nagasaki: un'esperienza terribile che non troverà mai alcuna spiegazione ragionevole, poiché sono stati eventi che hanno coinvolto la povera gente di tutti i giorni, ovvero una popolazione inerme colpevole soltanto di aver avuto dei governanti guerrafondai.
I miei ricordi si soffermano soprattutto sulla grande dignità di una popolazione capace di soffrire senza gridare, senza ribellarsi ad un "destino" che l'ha obbligata ad affrontare per secoli e millenni le difficoltà di una territorio flagellato annualmente dai tifoni e dai maremoti, continuamente sconquassato dai terremoti, troppo spesso vittima di sopraffazioni da parte dei vari signorotti locali (daymyo) presenti per secoli anche su quelle isole. Gente che ha saputo soffrire con una forza d'animo che, per noi Occidentali, ha dell'inverosimile, paragonabile, in parte, a quel saggio affidarsi ai voleri della Provvidenza, che il vero Cristianesimo ha saputo e sa infondere ai martiri di ogni tempo, come ai personaggi di manzoniana memoria ed ai nostri avi trentini nei secoli della povertà. Mi ha sempre impressionato il grande "silenzio" di diseredati di tutto, in lunghe file alla ricerca di cominciare sempre tutto da capo. Il silenzio delle immense adunate pubbliche. Il silenzio del raccoglimento nei templi; il silenzio frutto di dominio di sè e di intima meditazione. Un silenzio nel dolore di vittime innocenti sotto il ferro e il fuoco che sono piovuti dal cielo con una intensità di cui noi Occidentale non possiamo avere idea. "Gente comune", quella che quotidianamente compie il proprio dovere, quella che fatica a vivere, quella che costruisce l'umanità... mentre i "potenti" del momento approfittano della loro onestà di vita.
Forse... il continuo ed incancellabile ricordo dell'atomica può inoltrarci soprattutto a considerazioni che non si fermino soltanto a "guardare e commemorare il passato" una volta all'anno, ma a renderci conto che, senza qualche valida "sterzata", sia il Mondo, il Giappone, l'Italia e il Trentino stesso si trovano davanti a baratri in cui l'Umanità dovrà sprofondare subendo amaramente drammi – in un certo senso – forse peggiori di quelli vissuti ed oggi ricordati da Hiroscima e da Nagasaki.

Tione in Giudicarie, 6 agosto 2010.
Mario Antolini



Ombre... di morte

Tione, aprile 2012. - Dalla Corea del Nord e dall'Iran ancora notizie allarmanti; torna sul tappeto il pericolo immanente della "bomba atomica", i cui ricordi mi riportano in terra giapponese nel famigerato agosto del 1945 quando mi trovavo (internato in un campo di concentramento per gli stranieri) a poche decine di chilometri, in linea d'aria, dalla seconda bomba atomica sganciata sulla città "cristiana" di Nagasaki, dopo che la prima aveva fatto scomparire la città di Hiroshima.
Giornate di silenzio assoluto, come in raccolto e dignitoso silenzio si stavano affrontando i bombardamenti dei famigerati B29 che ogni notte, ormai da tempo, stavano radendo letteralmente al suolo, a catena, ogni città giapponese: in una sola notte (il terrificante "sangatsu-toka = 10 marzo" del 1944) ben 300.000 le vittime di un solo bombardamento su Tokyo!
Dopo la caduta delle due bombe nessuno sapeva nulla: neppure i giornali erano a conoscenza di cosa fosse quel nuovo ordigno e quali fossero i danni da esso prodotti: nel primo impatto si poterono contare soltanto i morti del momento. Poi, giorno dopo giorno, soltanto dalla viva voce dei superstiti le testimonianze del tutto diverse da quelle dei normali e sempre lunghi (qualche ora!) bombardamenti incendiari che lasciavano morti e feriti, vittime o dello scoppio degli ordigni o delle fiamme. I bombardamenti di Hiroshima e di Nakagasaki furono tutta un'altra cosa: morti addirittura scomparsi lasciando la loro ombre (impronta) sul suolo, o portando sui loro corpi il "marchio" di qualcosa che solo dopo si seppe che erano la conseguenza delle radiazioni mortali.
Ma l'immagine più terribile ed incomprensibile rimase sui e nei corpi dei sopravvissuti: piaghe esterne o solo interne, decessi a catene senza saperne la causa, malattie impensate che improvvisamente colpivano la gente e nessuno sapeva niente. Un mondo della medicina nuovo, tutto da conoscere e tutto da affrontare senza sapere dove, come e da chi.
Nei mesi successivi alla fine della guerra non se ne parlava molto; il rispetto su quanto avvenuto e la vissuta riservatezza propria del popolo giapponese stava stendendo il dovuto silenzio sulle atrocità che avevano caratterizzato il secondo conflitto mondiale. Ma, mentre nelle famiglie colpite da tanta disgrazia continuava il dolore e le dolorose, a volte incurabili, conseguenze non ancora finite, negli ospedali specializzati si cominciava (e tuttora si continua) a curare quei "feriti" ed a studiarne le eventuali ripercussioni genetiche che possono essere state causate dalle radiazioni atomiche sulle generazioni attuali.
In un mio articolo sull'argomento su Vita Trentina del 2010 concludevo i miei ricordi con queste parole, che sento di poter riproporre: «Il continuo ed incancellabile ricordo dell'atomica deve inoltrarci soprattutto a considerazioni che non si fermino soltanto a guardare ed a commemorare il passato una volta all'anno, ma a renderci conto che, senza qualche valida "sterzata", sia il Mondo, il Giappone, l'Italia e il Trentino stesso si troveranno davanti a baratri in cui l'Umanità dovrà sprofondare subendo amaramente drammi forse peggiori – in un certo senso – di quelli vissuti ed oggi ricordati dalle immani ferite di Hiroscima e di Nagasaki».

Mario Antolini