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Val Genova o Val di Genova? Perché si cambia un toponimo? L'analisi di Ennio Lappi

Atlas Tyrolensis- 1774 - Archivio Lappi

Da qualche tempo, iniziando da Pinzolo e da qui diffondendosi a macchia d'olio, il toponimo Val di Genova, in maniera del tutto arbitraria, è stato mutato in Val Genova. Perché? Qualcuno se lo è mai chiesto? Perché un termine in uso dalla notte dei tempi si cambia di punto in bianco senza nessun motivo o spiegazione? Perché, in questi tempi dove in Trentino in molti auspicano un ritorno al bel tempo che fu, ci si arroga il diritto di rinnegare un toponimo che vanta almeno otto secoli di storia?
Otto secoli di storia, sì, otto secoli almeno, perché il primo documento conosciuto che cita il toponimo è una pergamena conservata tanto nell'archivio comunale di Giustino quanto in quello di Massimeno e datata 21 maggio 1224 dove si legge "... quod a Pebordù in foris per totam vallem de Zenoa plane nullum habitaculum debeat esse cum ..... bestiis a state et autumno.". Ed anche "... quod a Pebordù in foris usque ad pissum Ardis et a Çembrugis vallis de Zenua, qui sunt ab una parte et ab alia inferius, sunt jura S. Mariae de Brixia ...".
Questo è l'esempio più antico ed è chiarissimo, ma da allora il toponimo si ritrova con frequenza in ogni secolo fino ai giorni nostri. Citiamo solo qualcuno dei numerosissimi esempi in pergamene e documenti cartacei sparsi per gli archivi trentini: 1295, Giustino "montis vallis Zenovae"; 1336, Bocenago e Strembo "in valle Zenoe"; 1345, Bocenago "montis Careti jacentis in valle da Zenoa"; 1349, Lomaso "alio capite vallis Zenoae, sive aqua, quae labitur per vallem Zenoae"; 1388, Strembo e Bocenago "in valle dicta Val Dezenoa"; 1498, Giustino " vallis Zenoe"; 1533, Massimeno, Strembo, Mortaso "... in fundo vallis Genuae penes Sarcham"; 1558, Mortaso e Strembo "ac vias per vallem de Zenova"; 1568, nella Carta di Regola di Mortaso art. 147 "valle di Zenova"; 1584, Strembo "in valle appellata Val de Zenova"; 1612, Pinzolo, Caderzone, Carisolo "loco dicto li gazi de Zenova"; 1613, Strembo "Fulgarida et Covna pertinentiarum Vallis Genuae"; 1758, Carisolo, Strada di Val Genova; 1777, Carta di Regola di Massimeno art. 25, "valle di Genova".
Qualche esempio lo estraiamo anche tra le numerosissime citazioni che si trovano all'Archivio di Stato di Trento nel Capitanato Distrettuale di Tione: 1794, "Concorrenza per formar la strada di Zenova"; 1850, "L'alluvione rovina la strada della valle di Genova; 1868, "nella Valle di Genova", "Val di Genova"; 1876, Guardia boschiva in Val di Genova; 1892, "Divisione della Val di Genova"; 1912, "Teleferica Vidi in Val di Genova".
E ancora, nel diario del notaio Giuseppe Ongari: 1809, "si salvarono nella Valle di Genova"; nei rogiti del notaio Giuseppe Antonio Cavoli: 1804, "...selva di Genova, ...la valle di Genova"; 1807, "in Valle di Genova"; nell'archivio comunale di Pinzolo: 1878, "... essere la località Val di Genova di jugeri 168..."; 1887, "Fontanabona nella valle di Genova".
Fin qui le citazioni documentarie, dove è necessario ribadire che in latino la desinenza ae, oppure per comodità dell'amanuense, solo la desinenza e, (Zenoae, Zenoe, Genuae, Zenue), indica il genitivo singolare e si traduce con di.
Ad onor del vero qualche rarissimo esempio di "Val Genova" si riscontra, come in una pergamena del 1559 nell'archivio comunale di Strembo e in un accenno di Michelangelo Mariani nella sua "Cronaca" del 1673 dove scrive "la Valle detta Genova", ma sono eccezioni che confermano la regola, se non diamo credito al pur valido Giuseppe Rabensteiner, i. r. Cancellista di Tione che lo stesso Valenti giudica "infaticabile e paziente lavoratore", che nelle trascrizioni e regesti delle pergamene riporta quasi sempre "Val Genova" trascurando la desinenza ae del genitivo singolare.
Lo stesso Luigi Fantoma poi, che si firmava "mia maestà Luigi Fantoma Re di Genova", nei suoi diari manoscritti nel sincero idioma locale, scrive "Val Genova" nel primo quaderno e "Val di Genova" nel secondo.
Vogliamo altri esempi?
In un manoscritto tardo secentesco conservato alla Comunale di Trento dal titolo "Istoria di Trento" si legge: "... ed a lato di Rendena v'è il monte detto Val di Genova ove è sempre neve e si prendono li astori, aquille, lepri bianchi, ritrovandosi diamanti, minere d'oro et argento".
E ancora. Per disegnare il famoso Atlas Tyrolensis, Peter Anich ed i suoi collaboratori furono in Giudicarie tra il 1760 e il 1762 e riportarono il toponimo "V. di Genova", lo stesso che già si trovava nella Carta del Sudtirolo edita a Vienna nel 1760 dal barone Ioseph von Sperges da Innsbruck e che Anich sicuramente aveva tra le mani. Pochi anni più tardi, nel 1778 veniva editata un'altra carta, quella del conte Francesco Manfroni e anche in questa si riporta "V. di Genova".
Così la cartografia IGM, Carlo Gambillo nel 1882, Silvestro Valenti nei primi anni del Novecento, Cesare Battisti nelle sue opere geoetnologiche, riportano sempre il toponimo Valle di Genova, per non parlare di Karl Sonkler, Julius Pajer, Vittorio Stenico, Casimiro Rossi, Ernesto Lorenzi e i più recenti, Aldo Gorfer, Mario Rigoni Stern e Romano Masè, attuale responsabile del Dipartimento Territorio, Agricoltura, Ambiente e Foreste dalla P.A.T. che, nella sua pregevole tesi di laurea presentata nel 1984 dal titolo "Piano di assestamento forestale e faunistico della Val di Genova", ne esamina con lodevole attenzione ogni rimarchevole aspetto. D'altronde già con la legge n° 7 del 12 settembre 1967 il Consiglio Provinciale aveva approvato il Piano Urbanistico Provinciale che riconosceva la Val di Genova come area protetta, gettando le basi per il futuro Parco Naturale Adamello Brenta.
A partire dagli anni novanta del secolo scorso, ecco che, sempre più frequentemente, l'esatta, antica, dizione Val di Genova viene sostituita con Val Genova; un ritorno alle origini? Un fatto di costume? Che altro?
L'esatta versione da adottare ci sembra sufficientemente dimostrata ed ampiamente supportata perché si possa evitare ogni incongruenza e, in nome della tradizione popolare, si crei un autentico falso storico.
Lasciamo infine ad altri le elucubrazioni etimologiche sul toponimo perché, escluso a priori il coinvolgimento della città di Genova, non condividiamo né la chiamata in causa del popolo dei Genaunes, sottomessi dai romani quando il Trentino vi era già sottoposto, né il fantasioso riferimento alla forma a ginocchio (genua si traduce in ginocchia, al plurale, vallis Genua, cioè valle delle Ginocchia, mentre al singolare sarebbe genus, cioè vallis Genus, valle del Ginocchio). Concludiamo perciò con le sagge parole di Carlo Gambillo: "Questa non è che una supposizione, ma in questo campo non si fa altro, ch'io sappia, che costruire ipotesi più o meno plausibili e questa mia è altrettanto permessa quanto altre che corrono, frodando la gabella del buon senso, e non hanno altro e più solido fondamento scientifico che una mera accidentale assonanza."