Lo svuotamento del lago di Molveno. Ricordi preziosi di Ennio Lappi
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- Category: I documenti
- Published on Monday, 06 February 2017 13:18
- Written by Ennio Lappi
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In questi ultimi mesi il lago di Molveno è salito alla ribalta per il consistente abbassamento di livello dovuto a lavori di manutenzione della galleria che immette nel lago le acque che fanno funzionare la piccola centrale di Nembia. La cosa di per sè non avrebbe nulla di eccezionale perché fino a qualche anno fa nel periodo invernale il calo del livello del bacino era cosa normale, però questa volta la sagace opera degli amministratori locali ha trasformato l'evento in un'attrazione, tanto che in molti, turisti e non, sono stati affascinati dal lunare paesaggio delle candide rive. Sono parecchi però quelli che sono completamente all'oscuro delle vicende della "preziosa perla in più prezioso scrigno" come la descrisse Fogazzaro agli inizi del secolo scorso, ignorando la destinazione che le venne assegnata alla fine della seconda guerra mondiale per soddisfare la crescente richiesta energetica di un'Italia che stava riprendendosi dallo sfacelo bellico.
Infatti, nel 1946 la SISM, Società Idroelettrica Sarca Molveno iniziò l'attuazione di un ciclopico progetto finalizzato alla raccolta delle acque dell'intero bacino superiore della Sarca, fatte confluire nel lago di Molveno tramite un canale di gronda di 43 chilometri destinato a funzionare come capiente serbatoio di carico per la costruenda grande centrale di S. Massenza, collegata al lago mediante una galleria sotto il Monte Gazza. Per costruire le opere di presa di questa galleria, poste praticamente sul fondo del lago a quota 710 slm, si doveva svuotare completamente il bacino e la cosa più intuitiva sarebbe stato, come si pensa ancor oggi, il pompaggio delle acque nel torrente Bondai che le avrebbe portate nella Sarca, ma, con geniale soluzione, il primo marzo 1952 mediante una potente idrovora si iniziò a travasare l'acqua in un pozzo profondo 143 m. scavato verticalmente dalla strada che costeggia il lago fino a raggiungere la galleria del Gazza. Fu così che con la prima acqua proveniente dal lago di Molveno iniziarono a funzionare i due primi grandi alternatori di S. Massenza che, a lavori ultimati con i suoi 375 MVA installati, seppure per breve tempo, sarà la più grande centrale idroelettrica europea. Svuotato il lago si completò il breve collegamento della galleria con il fondo del bacino installando le paratie di manovra, approntate le quali, alle 4.30 del 16 aprile 1953, dallo sbocco del canale di gronda alle Novaline di Nembia, una spumeggiante cascata dette inizio alla rinascita del lago che già all'inizio dell'estate tornò al primitivo splendore. Nel frattempo si stava costruendo un'altra piccola centrale a Nembia, entrata in funzione nel successivo 1957, le cui acque reflue, allora come oggi, venivano pompate nel bacino di Molveno tramite una galleria che sfociava poco oltre lo sbocco del canale di gronda a quota 770, cioè 53 m. sotto il livello normale del bacino posto a quota 823. Ed è appunto per liberare questa galleria dai detriti accumulati che, di norma ogni dieci anni, il lago viene abbassato, l'ultima volta fu nell'inverno del 2005.
Riguardo a questo però, anche se alla fine si rivelò un'opera completamente inutile, dobbiamo spendere due parole sulla diga di Nembia che, costruita all'incile del bacino stesso, secondo i progetti, doveva permettere l'innalzamento dell'invaso da quota 825 addirittura a quota 836, il che avrebbe sommerso tutta la zona che oggi ospita il lido ed il campeggio di Molveno. Già nel 1951, quando si stava per dar inizio allo spillamento del lago per abbassarne il livello al fine di consentire le opere di presa, fu scavato un canale che immetteva nel lago di Nembia e da lì al Rio Bondai e, all'inizio degli anni '60, si perfezionò la costruzione di una diga di sbarramento in calcestruzzo armato convenientemente impermeabilizzato. Per la mancata concessione dell'innalzamento del lago quest'opera rimarrà cattedrale nel deserto e successivamente verrà smantellata per ragioni di sicurezza, lasciando un semplice canale di deflusso in caso di piene eccezionali.