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Il camoscio bianco della Valsorda. Ricordi preziosi di Ennio Lappi

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I camosci albini sono caratterizzati dall'assenza totale delle "melanine", che sono i pigmenti che determinano la colorazione della pelle, dei peli e dell'iride dell'occhio. Se i pigmenti sono tuttavia presenti, ma il loro livello è basso per l'insufficiente produzione di melanine, l'individuo è detto albinoide e qui i casi sono decisamente in numero maggiore. È noto che l'albinismo ha origini ereditarie, ma non per questo i figli dell'individuo albino debbono essere necessariamente albini, né peraltro è certo che i suoi genitori lo siano stati, è un caso di "eredità autosomica recessiva" che comunque accerta e dimostra la presenza in antico di altri individui affetti da albinismo e che in quella zona in periodi successivi si verificheranno certamente ulteriori casi. In Italia, individui completamente albini sono stati accertati in epoca relativamente recente in Piemonte, in Val d'Aosta e in Trentino.

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La piscicoltura di Giustino. Ricordi preziosi di Ennio Lappi

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Come era già avvenuto nel Lomaso e il Val del Chiese, anche nella zona di Pinzolo a partire dal 1893, la Società di Piscicoltura di Torbole aveva cercato di arricchirne l'esausto patrimonio ittico immettendo nella Sarca robusti quantitativi di avannotti di trota fario e, contemporaneamente all'ultima semina effettuata nel 1895, grazie all'aiuto del Consiglio Provinciale d'Agricoltura, del Consorzio Agricolo di Tione presieduto da Giovanni Battista Lucchini e di alcuni volonterosi pescatori del posto, nel Caseificio di Giustino fu allestito un incubatoio che fu affidato alle cure del maestro della locale scuola elementare Giovanni Viviani e di suo fratello Massimiliano.

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In memoria di Fra Silvio Bottes. Ricordi preziosi di Ennio Lappi

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Ho conosciuto fra Silvio qualche anno fa quando, collaborando con p. Remo Stenico per il libro del Convento delle Grazie di Arco, venni a sapere che l'autore del magnifico portale della chiesa e della statua di S. Francesco nel piazzale a settentrione erano opere di fra Silvio Bottes, francescano dello stesso convento. Ammirato, mi volli informare meglio e appresi che l'artista, ormai vecchio e malato, si trovava a Trento nell'infermeria del convento di S. Bernardino.

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Il sequestro di Italo Maffei. Frammenti di Storia di Ennio Lappi

il dottor Italo Maffei nella miniera di Giustino 

Proprio una brutta avventura aspettava il dottor Italo Maffei, titolare dell'omonima miniera di feldspato di Giustino, la sera del 30 maggio 1975 quando, in compagnia della segretaria Cecilia Pedrini e di due amici, stava rientrando in auto alla propria residenza estiva di Capo Coda Cavallo, nel comune di S. Teodoro, qualche decina di chilometri a sud di Olbia.
Maffei era alla guida di una Fiat 124 e ritornava in villa dopo essersi recato all'aeroporto di Olbia ad accogliere gli amici Rino e Liliana Tamanini che aveva invitato a trascorrere un periodo di vacanza nella sua villa al mare.

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Lo svuotamento del lago di Molveno. Ricordi preziosi di Ennio Lappi

1951. Lago di Molveno completamente svuotato

In questi ultimi mesi il lago di Molveno è salito alla ribalta per il consistente abbassamento di livello dovuto a lavori di manutenzione della galleria che immette nel lago le acque che fanno funzionare la piccola centrale di Nembia. La cosa di per sè non avrebbe nulla di eccezionale perché fino a qualche anno fa nel periodo invernale il calo del livello del bacino era cosa normale, però questa volta la sagace opera degli amministratori locali ha trasformato l'evento in un'attrazione, tanto che in molti, turisti e non, sono stati affascinati dal lunare paesaggio delle candide rive.

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14 ottobre 1954. Serodoli e Campiglio, un fatto che pochi ricordano. Ricordi preziosi di Ennio Lappi

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Ormai sono trascorsi sessantadue anni dal giorno in cui l'acqua del Lago Serodoli precipitò a valle causando gravissimi danni soprattutto al cento turistico di Madonna di Campiglio che, solo per fortunate circostanze, non ebbe a subire perdite umane.
Si era nel pieno dei lavori idroelettrici condotti dalla SISM, Società Idroelettrica Sarca Molveno, la quale, dopo aver concluso la parte intermedia del progetto con la realizzazione della grande centrale di S. Massenza, si era dedicata alla parte in quota che prevedeva, nel settore della Presanella, la costruzione di ben sei centrali idroelettriche nel bacino imbrifero della Sarca sopra l'isoipsa 900; alla guida di questo nuovo grande programma vi erano gli ingegneri Bruno Bonfioli e Dante Ongari, mentre il responsabile di zona era l'ing. Luigi Zaretti. Si intendevano costruire:
l'impianto di Lago Scuro, con derivazione del lago stesso dopo la sua trasformazione a serbatoio;
l'impianto di Bedole, con derivazione delle acque di scarico dell'impianto di Lago Scuro e di quelle provenienti dal Mandrone e dalla Vedretta delle Lobbie;
l'impianto di Genova, da realizzarsi alla Scala di Bò, con derivazione delle acque di scarico degli impianti di Lago Scuro e di Bedole, delle acque della Sarca di Genova, dei rivi Stablel, Forgorida, Lares, Siniciaga, Germenega e minori, da accumularsi nei laghetti di S. Giuliano e Garzonè trasformati in serbatoio;
l'impianto di Cornisello, con derivazione dal Lago Vedretta sistemato a serbatoio;
l'impianto di Nambrone, con derivazione dai laghi di Cornisello e dai ghiacciai di Nardis, con l'apporto delle acque dei laghi Gelato, Serodoli, Nero e Ritorto, regolati a serbatoio;
l'impianto di Carisolo, con derivazione delle acque di scarico del sovrastante impianto di Nambrone, di quelle del Sarca di Campiglio e dei rivi Vallesinella e Valagola, nonché dei tributi residui del Sarca di Nambrone.

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La grande area montuosa tra la Val di Genova ed il Passo del Tonale vide quindi all'opera decine e decine di tecnici i quali, con le loro squadre operative, resero possibile la stesura dei necessari elaborati progettuali. Quasi contemporaneamente si dette mano anche allo scavo dei cunicoli di sondaggio che dovevano aprire la strada alle gallerie di spillamento dei vari bacini presenti in zona e a quella, ben più lunga, che doveva raccogliere le acque del versante nord della Presanella, fino a captare anche quelle della Vermigliana in Val di Sole. In uno di questi cantieri, la mattina di giovedì 14 ottobre 1954 avvenne un fatto che solo per puro caso non provocò vittime, ma solo gravi danni all'ecosistema della vallata sottostante e all'importante stazione turistica di Madonna di Campiglio.
Appena terminata la costruzione del nuovo Ponte del Doss da Servi nel Banale, l'Impresa Alessandro e Fabio Conci di Trento aveva assunto dalla SISM l'incarico di realizzare la galleria di spillamento delle acque del lago Serodoli che dovevano alimentare le turbine della progettata centrale di Nambrone. Da alcune settimane a quota 2350, una ventina di metri sotto il livello del lago, era iniziato lo scavo di un piccolo tunnel di sondaggio che aveva lo scopo di verificare le condizioni di tipo geologico, idrogeologico e geotecnico della roccia granitica che all'apparenza non presentava alcun problema e nelle prime ore di giovedì sul fronte di avanzamento, a circa 120 metri dall'imbocco, era stata fatta esplodere una volata di mine. A capo della squadra di minatori c'era il giovane geom. Ciro Buratti di Mattarello che, come di consueto, quella mattina era alla sua scrivania nel piccolo ufficio del cantiere; all'improvviso un operaio entrò trafelato nella stanzetta: " Sior geometra, el pissa, el pissa...". Buratti intuì immediatamente quello che stava succedendo e corse nella piccola galleria dove si trovavano ancora alcuni operai. Effettivamente una modesta venuta d'acqua scendeva dalla volta rocciosa; non era certo un buon segno ed il tecnico ordinò subito l'evacuazione correndo al telefono per avvertire la direzione lavori. Un'ora dopo, salendo con la teleferica di servizio, l'ing. Alessandro Conci e il direttore del cantiere ing. Givani erano sul posto e una rapida ispezione fu sufficiente per rivelare la gravità della situazione dato che la portata della piccola fontanella iniziale era già notevolmente aumentata. Venne dato immediatamente l'allarme in paese e così, Carabinieri e pompieri coadiuvati da tutti gli operai e maestranze della SISM che erano a valle, riuscirono a mettere sul chi va là la popolazione e i pochi forestieri che si trovavano in paese. Fortunatamente il diaframma che separava il tunnel dal fondo del lago collassò poco per volta nel corso della notte e per questo, assieme alla ridotta sezione del tunnel che limitò la portata dell'ondata susseguente, fu evitata la perdita di vite umane perché, se il cedimento fosse stato immediato e senza preavviso e la galleria fosse stata quella definitiva, certamente ci sarebbero state molte vittime.
Alle 8.50 di venerdì, nella volta del fronte della galleria si aprì uno squarcio di circa un metro quadrato e l'acqua del bacino, più di mezzo milione di metri cubi, iniziò a riversarsi a valle, dapprima nel Lago Nero e quindi nella Busa dai Spin per piombare nel Lago di Nambino. Il bel rifugio gestito dalla famiglia Serafini poco prima delle nove fu investito in pieno dalla massa d'acqua, fango, macigni ed alberi cogliendo alla sprovvista chi vi si trovava; Giovanni Serafini, la sorella Maria, i figli Liliana e Lorenzo e il portatore Vittorio Angeli, fortunatamente capirono con un certo anticipo che qualche cosa di grave stava succedendo dal boato, molto simile a quello delle valanghe, che proveniva dalla "Busa dai Spin" e fecero appena in tempo a scappare lontano sulla riva a monte del lago. Il fabbricato che ospitava il gruppo elettrogeno venne subito travolto così come alcuni fabbricati di legno che vi erano attigui e il lago di Nambino fu inondato dalla fiumana che, proseguendo verso valle rischiava di erodere la flebile striscia di terra che costituiva la sponda orientale facendo precipitare anche tutto l'invaso verso Campiglio. Verso le dieci e mezzo l'onda di piena raggiunse i Bertelli con una portata di 25 metri cubi al secondo danneggiando seriamente alcuni chalet ed investendo, più in basso, le abitazioni di Adele Ferrazza, Pia Alimonta, Romano Caola e Pietro Pirlo. Dopo aver inondato ed eroso diversi prati ed abbattuto la linea elettrica a 5 KV, l'acqua investì l'albergo Madonna di Ottavio Sommadossi, invadendone le cantine e causando il crollo di una terrazza, tanto che l'intera struttura risultò gravemente lesionata. Stessa sorte capitò all'albergo Campiglio di Mario Ferrari dove venne allagata e distrutta la centrale termica con fuoriuscita del gasolio contenuto nella relativa cisterna che rese inutilizzabile una considerevole quantità di riserve alimentari. La piazza del paese fu così allagata mettendo in serio pericolo le case di Vigilio Maturi e dei fratelli Serafini che furono in parte protette dal tempestivo intervento dei pompieri che a tempo di record realizzarono un arginatura di contenimento con sacchi di sabbia ed assi. Solo per un caso fortuito la diga del laghetto di Campiglio resistette alla furia di quella massa d'acqua che scendeva dal monte, salvando così l'albergo Bonapace da sicura distruzione. L'intervento dei soccorsi venne coordinato fin dal mattino dall'ing. Zaretti coadiuvato dal suo vice ing. Sem Bonetti e dal geometra Bertolini i quali, assieme ai tecnici dell'impresa Conci, predisposero un centinaio di operai a rinforzo dei vari gruppi di vigili del fuoco saliti dai centri vicini e da Trento. Campiglio era senza acqua potabile e senza energia elettrica ed in un primo tempo anche le comunicazioni telefoniche erano saltate, ma in breve si allestì un ponte radio e un centralino di fortuna presso il bar "Capanna".

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I senzatetto furono alloggiati al Miramonti; fortunatamente non erano molti: Romano Caola con i figli Ugo, Lidia, Irma, Romano e Ines, l'operaio Pietro Pirlo, la famiglia Rigoni, quella della portalettere di Campiglio Adele Ferrazza, i quattro componenti della famiglia di Livio Cereghini e l'anziano Andrea Bonapace al quale proprio mercoledì era mancata la moglie Caterina; il poveretto si trovava in casa a vegliare la consorte quando, disgrazia nella disgrazia, l'acqua invase l'appartamento costringendolo a trascinare la bara all'esterno in un punto sicuro.

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Fra i primi a salire a Campiglio furono il sindaco di Pinzolo Romedio Binelli, quello di Spiazzo Terzi, il rag. Alfiero Andreolli, presidente dell'Azienda autonoma di Campiglio, con il direttore della stessa dott. Maffei. Poi giunsero l'assessore provinciale ai lavori pubblici ing. Zanoni con l'ing. Armani, l'assessore regionale dott. Turrini e vari tecnici ed esperti come gli ingegneri Bresadola, Sizzo e Cattani della Sit.Verso sera, con lo svuotarsi del lago Serodoli, la portata della fiumana andò diminuendo fino a cessare del tutto; il rischio corso dalla regina del Brenta fu davvero grande, tuttavia i danni inizialmente paventati come enormi, alla luce del giorno seguente si rivelarono, almeno per quanto riguarda gli edifici e le infrastrutture notevolmente ridimensionati con grande sollievo di tutti. Rimasero comunque molto sensibili quelli riportati dall'ambiente, gravemente offeso tanto nei boschi e prati quanto nel delicato ecosistema della zona, per non parlare del bellissimo laghetto di Nambino, completamente stravolto dal fango, le condizioni preesistenti del quale saranno ripristinate solo dopo molti anni.
L'eco di quel fatto fu veramente eclatante tanto che, in definitiva, portò alla chiusura dei cantieri ed avviò il processo che portò, dapprima al ridimensionamento dell'intero progetto e quindi alla suo definitivo abbandono avvenuto nel 1968; artefice principale di questo fu il maestro Romedio Binelli, scomparso in veneranda età tre anni orsono, che ottenne il prezioso risultato con una decisa e competente azione portata ad ogni livello coinvolgendo popolazione, comuni, organi provinciali e, ancora più in alto, arrivando fino ai massimi livelli ministeriali.

La strada sotto il lago. La storia della Scaletta a cura di Ennio Lappi

Scaletta Ennio Lappi

A molti giudicariesi sembra ieri, ma è già trascorso quasi mezzo secolo da quando, ultimati i lavori ed effettuati i necessari collaudi, il 14 luglio 1956 il traffico veicolare da e per Tione fu fatto confluire sulla nuova variante, per gran parte in galleria, che superava la pericolosa forra della Scaletta permettendo un più sicuro ed agevole accesso alla Busa di Tione.

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Giuseppe Ceschini fotografo di Stenico e il suo rifugio in Algone. Frammenti di storia di Ennio Lappi

Giuseppe Ceschini con la moglie Gelsomina e una inserviente - Archivio Lappi

Quando, nel 1874, Douglas Freshfield salendo da Pinzolo giunse al Passo del Gotro e la Valle d'Algone gli si offerse splendida ai suoi piedi, annotò estasiato sul suo taccuino: "A more beautiful site is hardly to be found", "Un luogo più bello di questo è molto difficile da trovare". In quel momento desiderò di potervi costruire una casetta per godere a lungo di quell'inimitabile ambiente che ancor oggi possiamo ammirare pressoché intatto.

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Val Genova o Val di Genova? Perché si cambia un toponimo? L'analisi di Ennio Lappi

Atlas Tyrolensis- 1774 - Archivio Lappi

Da qualche tempo, iniziando da Pinzolo e da qui diffondendosi a macchia d'olio, il toponimo Val di Genova, in maniera del tutto arbitraria, è stato mutato in Val Genova. Perché? Qualcuno se lo è mai chiesto? Perché un termine in uso dalla notte dei tempi si cambia di punto in bianco senza nessun motivo o spiegazione? Perché, in questi tempi dove in Trentino in molti auspicano un ritorno al bel tempo che fu, ci si arroga il diritto di rinnegare un toponimo che vanta almeno otto secoli di storia?

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L'osteria del Limarò. Ricordi preziosi di Ennio Lappi

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Nel 1863 la Mensa Vescovile, proprietaria della grande tenuta del Maso al Limarò che comprendeva arativi, prati e vasti boschi, ne concesse la conduzione a Francesco Contrini da Tavodo che vi si trasferì con la giovane moglie Maria Dalfior e i primi due figli, Pasqua e Giovanni. Al Limarò i Contrini dimostrarono laboriosità e zelo nel lavoro, ammodernarono ed ampliarono il Maso e avviarono nuove coltivazioni così da raggiungere una soddisfacente produttività.

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La grande vetreria di Tione. Alberto Folgheraiter, conversa con Ennio Lappi. Stralcio della trasmissione del 2009 dai microfoni della Rai di Trento

La vetreria di Tione nel 1880 Foto GB Unterveger

AF: E veniamo all'ultimo stabilimento vetrario in Trentino cioè la vetreria di Tione, che fu anche il maggiore, non è vero?

EL: Si è così, nel luglio del 1842, due mesi dopo l'autorizzazione alla costruzione della nuova vetreria in Algone concessa all'ing. Tremontani, apparve in Giudicarie Giuseppe Venini di Milano, ingegnere e mandatario di un'importante industria vetraria insediata a Varenna sul Lago di Como. Questi, accertata l'esistenza in zona di tutte le condizioni necessarie al buon funzionamento di un grosso insediamento industriale, presentò domanda per ottenere il politico permesso di erigere una fabbrica per la produzione di oggetti in vetro nel distretto di Tione.

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Giacomo Mazzi, Dio ha dato e Dio ha tolto. Ascesa e rovina, all'ombra del Clesio, del personaggio più importante che Stenico abbia mai avuto

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Giacomo Mazzi, Dio ha dato e Dio ha tolto. Ascesa e rovina, all'ombra del Clesio, del personaggio più importante che Stenico abbia mai avuto. Alberto Folgheraiter, conversa con Ennio Lappi.
(Alberto Folgheraiter, conversa con Ennio Lappi. Trasmissione del 2009 dai microfoni della Rai di Trento)

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Il ponte del Doss da Servi. Alberto Folgheraiter, conversa con Ennio Lappi. Trasmissione del 2009 dai microfoni della Rai di Trento

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AF: Questo nuovo appuntamento è dedicato ad un manufatto che, per la sua altezza, per l'arditezza nella realizzazione e la semplicità delle linee costruttive, fin dai primi anni dopo la prima guerra mondiale ha contribuito a rendere celebre il Trentino meravigliando chi per la prima volta si accingeva ad entrare nelle Giudicarie Esteriori.

EL: Certo, fu un manufatto tanto ardito da spingere la prestigiosa rivista del TCI, Le vie d'Italia, a pubblicare un articolo nel quale si descriveva il Ponte dei Servi come una delle meraviglie della Nazione, che lasciava a bocca aperta chi aveva l'occasione di passarci.

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Da Giustino a Tione... La troticoltura in Trentino (seconda parte). Le prime grandi imprese ittiogeniche trentine. Alberto Folgheraiter conversa con Ennio Lappi. Trasmissione del 2009 dai microfoni della Rai di Trento

Piscicoltura Giustino 2 - Foto archivio Ennio Lappi b

AF: Cosa successe alla fauna ittica trentina nel periodo della prima guerra mondiale?

EL: I venti di guerra che soffiarono nel nostro Trentino, come si sa, portarono morte e distruzione in molte vallate e fame ovunque. Si può immaginare che fine potesse fare tutto ciò che era commestibile ed il pesce, in laghi fiumi e torrenti, e, naturalmente nelle vasche delle piscicolture esistenti di Torbole, Predazzo e Giustino, fu cercato e catturato in ogni modo possibile; oltretutto, la presenza di soldati e soprattutto di prigionieri dell'est stremati dalla mancanza di viveri, rendeva molto frequente l'uso di esplosivi che, ovviamente causavano danni che si possono facilmente comprendere.

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La troticoltura in Trentino. Alberto Folgheraiter conversa con Ennio Lappi. Trasmissione del 2009 dai microfoni della Rai di Trento. Ricordi Preziosi

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AF: Oggi tratteremo un argomento tanto antico quanto attuale perché si può dire che a tutt'oggi è rimasto pressoché invariato nella sua essenza, parliamo della troticoltura così praticata nel nostro Trentino anche presentemente. Quand'è che appaiono i primi allevamenti di questo magnifico pesce dalle nostre parti?

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Tione 1885 - Dall'archivio Lappi per Ricordi Preziosi

Tione    1885 - archivio Lappi b

Tione 1885 - Dall'archivio Lappi per Ricordi Preziosi